La Mindfulness come risorsa per scuole e accademie, per sostenere i ballerini nella crescita personale, gestione della salute e della performance
Quali sono i linguaggi che il mondo della danza propone per promuovere la crescita personale e tecnico-artistica di ballerine e ballerini?
Cosa si aspetta da sé un danzatore, quando appoggia le dita sulla sbarra, guarda nello specchio la propria immagine riflessa, muove i suoi passi sul palcoscenico?
Quale impatto può avere un percorso di formazione alla danza sulla vita di un bambino, di un adolescente, di un giovane adulto?
È possibile rendere la sala di danza un luogo che propone, semina e coltiva messaggi che creino resilienza nei membri della comunità che vi ruota attorno?
Può una relazione insegnante-allievo/gruppo di allievi lavorare delicatamente sulla performance, rendendo le esperienze che si muovono in quel luogo fattori protettivi e limitando i rischi connessi alla performance stessa sul piano psicologico?
La relazione tra la danza, la salute psicofisica e l’ambito pedagogico segue principalmente due direzioni: da un lato la clinica interviene proponendo un’attenzione a quei fenomeni psicopatologici che spesso compaiono nella popolazione dei danzatori, come i disturbi del comportamento alimentare, in particolare l’anoressia nervosa; dall’altro la danza come danza terapia si inserisce efficacemente nei modelli di arte terapie, complementari ad interventi di riabilitazione e sostegno psicologico.
Allargando lo sguardo sul contesto sociale, spesso la danza mette in scena spettacoli e produzioni che intensamente ed incisivamente parlano al pubblico di temi connessi alla vita umana, in ogni suo aspetto. La danza promuove la sensibilizzazione, la riflessione, spesso toccando corde emotive profonde.
Propongo qui un focus molto specifico, interrogando chi legge sul potenziale della danza come laboratorio di vite resilienti. Ho lavorato vent’anni in sala e dietro le quinte, con allieve dai 3 ai 70 anni, gran parte delle quali tra i 6 e i 20. Prevalentemente donne o future donne. Prima ancora, e durante, sono stata allieva, esaminanda, performer.
Ho visto chiaramente il potenziale cui faccio riferimento e conosco la complessità di tali contesti. Anche se a prima vista non si direbbe, insegnare danza è lavorare su molteplici equilibri, e ogni parola, ogni sguardo hanno un impatto importante su chiunque sia in sala.
Ci sono azioni, gesti e parole che possono davvero influenzare positivamente lo sviluppo di un* giovane, e questo non necessariamente in ambito clinico o terapeutico, ma nella quotidianità dell’allenamento in sala come esperienza di sé, dell’altro, del corpo, della paura e della gioia, del proprio rapporto con mete, sogni, fallimenti.
Ritengo che le scuole di danza possano accentuare il proprio posizionamento come luoghi di formazione alla resilienza, e che la mindfulness sia una prospettiva comprendente una serie di strumenti particolarmente adatti a procedere in tale direzione.
Attraverso protocolli integrati alla formazione degli allievi e momenti di approfondimento per gli insegnanti, la mindfulness può accompagnare le scuole di danza verso un ulteriore ruolo nella relazione tra danza e salute/sociale, sempre più consapevole, sensibile, riconosciuto ed efficace.
Che cos’è la mindfulness?
“Vi è una vitalità, una forza vitale, una favilla che attraverso di noi si traduce in azione, e poichè ciascuno di noi è unico nel tempo, questa espressione a sua volta è unica. Se la blocchiamo non esisterà mai attraverso altri mezzi, e sarà perduta. Il mondo ne verrà privato. Non sta a noi determinarne la qualità, nè confrontarla con altre espressioni: il nostro compito è quello di mantenere aperto il canale.”
Martha Graham
Di mindfulness si parla molto; occorre conoscerne il significato e l’essenza, per non perderne il potenziale.
Spesso confusa con una tecnica di rilassamento (un esito frequente, ma non il cuore della pratica), la mindfulness è primariamente uno strumento di potenziamento dell’attenzione al corpo, alle emozioni ed ai pensieri.
Lavora sulla capacità di non reagire a sensazioni, pensieri o emozioni ‘indesiderate’, conferendo ai praticanti un aumentato senso di padronanza di sé e del proprio corpo, aumentando le occasioni di scelta consapevole ‘nel momento’, sostenendo gli individui con grande efficacia nei contesti esperienziali semplici e complessi.
La parola mindfulness significa consapevolezza, in un senso particolare. Riferendosi prima di tutto a un’esperienza diretta, non è semplice descriverlo a parole. Jon Kabat-Zinn, pioniere e punto di riferimento nell’ambito in oggetto, propone una definizione divenuta classica: “Mindfulness significa prestare attenzione con intenzione, al momento presente e in modo non giudicante”.
Come spiega l’Associazione Italiana Mindfulness, “consiste proprio nel proporre un livello introduttivo, iniziale di pratica di meditazione che sia adeguato e adatto a contesti quotidiani, all’esperienza di vita normale che sperimentiamo tutti i giorni. In sintesi un approccio che possa aiutarci a metterci in una diversa relazione col disagio, che prima o dopo, in un modo o nell’altro, tutti sperimentiamo”.
In letteratura (G. Moyle, …) si legge come la mindfulness abbia un importante potenziale nel miglioramento dei processi di apprendimento, performance e nella salute e benessere psicofisico dei danzatori. L’integrazione della mindfulness nel curriculum di danza è utile per coadiuvare e supportare lo sviluppo psicologico, fisico, tecnico ed artistico degli allievi.
Gli aspetti pedagogici e relazionali del rapporto allievo-insegnante hanno un ruolo considerevole nello sviluppo sano di un danzatore, professionista e amatoriale. La mindfulness può fornire un’integrazione al linguaggio proprio di questa relazione, verbale e non verbale, agendo potentemente sul piano preventivo in fasi delicate dello sviluppo.
La mindfulness agisce sulle narrative di sé che gli allievi costruiscono progressivamente in sala e sul palco: può avere un’importante influenza nel plasmare e/o consolidare la resilienza e l’autodeterminazione dei danzatori a partire dalla creazione di una consapevolezza profonda di sé e delle proprie risorse.
Tra le dimensioni interessate, la mindfulness agisce migliorando il senso di autoefficacia, limitando la ruminazione ansiosa e depressiva, addolcendo il proprio rapporto con il perfezionismo, selezionando le più efficaci modalità di fronteggiamento (coping) di ansia e altri vissuti potenzialmente invalidanti, aiutando il danzatore a conservare e meglio direzionare le proprie energie limitandone la dispersione in strategie disfunzionali di gestione dei propri vissuti (fisici, emotivi, cognitivi) aumentando la gioia del danzare come esperienza di flusso (Csikszentmihalyi).
Molte sono le scuole, allieve/i, insegnanti che si interfacciano quotidianamente con famiglie e minori in un contesto formativo ed educativo: è un’importante e sostanziale opportunità di influire eticamente e in piena consapevolezza sullo sviluppo dei cittadini di domani, attraverso la meravigliosa esperienza della danza.